La Val Resia è una valle splendida, grande, ricca di biodiversità e carica di storia. L’Alta Via Resiana è una traversata spettacolare degna della bellezza e delle caratteristiche del territorio, un prezioso gioiello che lascia un segno indelebile nella memoria e nel cuore.
Alla fine degli anni 90′ ho messo per la prima volta piede in valle. Avevo da poco iniziato ad arrampicare e l’esplosione del movimento del bouldering mi aveva incuriosito parecchio. Probabilmente grazie alla segnalazione di qualche amico, una domenica d’estate la famiglia Polo arriva in Val Resia alla ricerca di massi da arrampicare. Nel greto del Torrente Resia, all’altezza dell’abitato di Prato, troviamo il nostro prezioso terreno di giochi dove liberiamo qualche blocco nuovo nel settore alto. Un bell’inizio per un’area boulder che svilupperemo ulteriormente coinvolgendo un gruppo d’amici.

Alpeggio nei pressi degli Stavoli Lom, sullo sfondo da sinistra i dolci pendii del Monte Sart, il Picco di Carnizza, Il Monte Canin, la cresta con al centro il Monte Lasca Plagna, la Baba Grande, la Baba Piccola, il Monte Guarda, ai suoi piedi l’alpeggio di Malga Coot e ancora più in basso il paesino di Coritis.
Non mi ero mai spinto oltre e la valle è ancora lunga. Passano un po’ di anni e finalmente capita l’occasione. Salgo da casa dopo lavoro per dare un’occhiata alla parete che sovrasta il Bivacco Costantini, il Torrione Mulaz. Secondo il compianto Carlo Gasparini offre buone possibilità di attrezzare alcune vie impegnative a spit. Mi addentro per la prima volta nella valle, non mi aspettavo che fosse così lunga, parcheggio poco sotto Malga Coot e parto a piedi. Appena termina il bosco il panorama si apre e regala uno spettacolo indimenticabile. La luce della sera inonda la valle, illumina i prati verdi e il contrasto con la roccia e il cielo lascia d’incanto. Corro e cammino veloce fino alla parete sopra il bivacco, salgo ancora un po’ verso forcella Infrababa grande poi scendo, corro fino al Monte Guarda al tramonto e ridiscendo a malga Coot con le ultime luci. Non ho trovato la parete che sognavo ma la bellezza del posto mi ha davvero stregato.
Sei Agosto 2016, nel tardo pomeriggio risalgo con Silvia la Val Resia e parcheggio l’auto al piccolo borgo di Coritis, ultimo paesino della Val Resia. L’alta pressione persistente coincide con i primi giorni in ferie di Silvia, l’idea mi frullava in testa da un po’ e cogliamo la palla al balzo.
Io non mi sono documentato preventivamente sulle difficoltà della traversata, sapevo solo che si fa in tre giorni e che bisognava star fuori due notti, il resto non mi preoccupava, si va all’avventura, così mi piace. A Silvia ho detto che andavamo a fare una passeggiata di un paio di giorni, forse sono stato un po’ superficiale nei suoi confronti ma a volte va bene così.

Cippo di confine in vetta al Monte Guarda
Da Coritis risaliamo a piedi la strada asfaltata che termina a Malga Coot, proseguiamo oltre e risaliamo il ripido pendio fino in cima al Monte Guarda 1720m. Siamo al confine con la Slovenia, al margine Sud Orientale del Parco delle Prealpi Giulie, dominiamo la valle di Uccea e la valle del fiume Soča, di fronte a noi il maestoso gruppo del Canin e la cresta a fil di cielo che dovremo percorrere. Il sole sta tramontando regalandoci uno spettacolo sempre unico, affrettiamo il passo, scendiamo la cresta direzione Nord fino alle selletta denominata Predolina, proseguiamo nel vallone che scende dalla forcella Infrababa piccola e in breve arriviamo al Bivacco Costantini del Cai Manzano, quota 1690m. Siamo soli, il fuoco che accendo per scaldarci dà un tocco romantico al momento e consumiamo la cena. La brezza della sera è particolarmente fresca per il periodo, entriamo al calduccio del bivacco e in breve ci infiliamo sotto le coperte.

Tramonto nei pressi del Bivacco Costantini
Sveglia con calma, colazione e poco prima delle nove ci mettiamo in marcia.
Risaliamo il ripido vallone e in circa un’ora raggiungiamo il Passo di Infrababa Grande, 2038m, e il sole del mattino ci riscalda piacevolmente, l’attraente cresta risale verso Nord e la targa dell’Alta Via Resiana anno 1981 segna il vero inizio di questa super giornata. Attacchiamo la cresta e risaliamo fino in Cima al Monte Slebe, 2317m, primo traguardo di oggi. I triangoli rossi dell’alta via hanno probabilmente la mia età e sono un po’ sbiaditi ma la direzione da seguire è ovvia, in cresta, un po’ di qua e un po’ di là, basta seguire la linea più logica. Questo tratto presenta alcuni passaggi di primo grado, di secondo solo un tratto appena sotto il Monte Slebe e in certi punti è esposto. Non presenta tratti attrezzati quindi va affrontato con attenzione e adeguata preparazione.
Dalla Cima del Monte Slebe proseguiamo direzione Nord-Est, scendiamo un tratto attrezzato di circa 50m con passaggi di primo e secondo grado fino a una selletta dalla quale proseguiamo agevolmente fino in cima al Monte Lasca Plagna, 2448m. Il panorama è stupendo, a Sud la cresta appena percorsa, i prati verdi e la grandezza della Val Resia, a Est il paesaggio “lunare” dell’immenso altopiano carsico Kaninski Podi, a Nord l’affilata cresta con sullo sfondo il Canin e a Ovest in lontananza i bei pendii del Monte Sart, ultima montagna della traversata e paradiso per gli ski-alper.
Dopo una breve pausa proseguiamo verso la prossima cima, il Monte Cerni Vogu, 2422m. Questo tratto non presenta particolari difficoltà tecniche, si scende di un centinaio di metri e si risale altrettanti per guadagnare la vetta.
Dal Cerni Vogu inizia un tratto impegnativo in discesa con passaggi di primo grado su roccia a tratti friabile e coperta di detrito. Prestiamo molta attenzione, l’esposizione non consente errori ma zigzagando destra sinistra superiamo le difficoltà e proseguiamo in cresta che via via si fa sempre più affilata ed esposta. Si scende, si continua in costa e si risale, camminando e un po’ arrampicando fino a raggiungere l’ultimo impegnativo risalto roccioso appena sotto il Porton Sotto Canin, 2345m. Superati ora alcuni bei passaggi di primo e secondo grado raggiungiamo terreno più facile e proseguiamo verso il Canin Basso. Agevolmente risaliamo il crinale, intercettiamo il sentiero che sale da Casera Canin (la via normale resiana al Monte Canin), aggiriamo sulla sinistra un risalto roccioso e riprendiamo l’arrotondato filo di cresta fino in vetta al Canin Basso, 2571m, caratterizzata da cippo di confine, ometto di pietre e dai resti di una vecchia croce metallica.
Proseguiamo in discesa su terreno facile, breve risalita a una cima intermedia e finalmente raggiungiamo la vetta del Monte Canin, 2587 metri, il punto più alto dell’intera traversata e del Parco delle Prealpi Giulie. Accompagnata dalle raffiche del vento sentiamo in lontananza la musica proveniente dal grande concerto in Conca Prevala e penso agli amici impegnati a servire il mare di gente accorso per l’evento. Ma tutt’attorno è troppo bello, il mio sguardo volge altrove e il pensiero vola lontano in cerca della perenne possibile nuova meta da raggiungere. La vista del mare rinfranca dagli sforzi compiuti e dopo una breve pausa siamo pronti a proseguire.

In vetta al Canin, 2587m
Lasciamo alle spalle la vecchia croce del Canin e sul filo di cresta scendiamo con cautela il tratto esposto dapprima su facile sentiero poi via via più impegnativo ed esposto. In un paio di punti si abbandona la cresta per calarsi sul versante Resiano di parecchi metri in modo tale da aggirare alcuni risalti rocciosi per poi riportarsi in cresta. Alcuni tratti sono attrezzati con funi metalliche e a livello tecnico si affrontano difficoltà discontinue di primo e secondo grado. Ormai sotto le pendici del Picco Di Carnizza si riprende a salire un bellissimo tratto caratterizzato da lastre di pietra compatta solcate da rigole, da altri fenomeni di erosione e cosparse qua e là di megalodonti, caratteristico fossile presente in zona.
La discesa dal Picco di Carnizza si svolge lungo la via ferrata Grasselli e costituisce un tratto particolarmente esposto e impegnativo dovuto a molteplici fattori e specie se fatto in discesa. Bisogna prestare la massima attenzione alle condizioni della parete infatti, specie a inizio stagione, alcuni canali possono essere ancora innevati e in generale tutta la ferrata è esposta al pericolo di caduta pietre smosse inavvertitamente da altri escursionisti lungo il percorso. La ferrata è in buone condizioni infatti funi, pioli e fittoni sono stati sostituiti un paio d’anni fa ma in due punti ho trovato il fittone terminale strappato dalla roccia a causa dei fulmini che in caso di temporale scaricano la loro potenza sulla cresta. I fulmini infatti colpiscono i cavi metallici che fanno da conduttore e, nella parte terminale delle campate attrezzate, l’energia sprigionata fa esplodere la roccia attorno ai fittoni disarcionandoli dalla parete. Quindi bisogna fare attenzione e controllare preventivamente gli ancoraggi prima di trazionarli vigorosamente, in questo tratto una caduta potrebbe comportare conseguenze molto serie se non fatali. Fortunatamente noi eravamo i soli sulla via e devo dire che ce la siamo goduta in tranquillità consapevoli che fosse l’ultimo tratto impegnativo della giornata e di tutta la traversata. Ancora una crestina e un breve tratto verticale poi le ghiaie e il terreno facile che, in direzione Nord-Ovest e con brevi saliscendi, percorriamo fino al Bivacco Marussich, 2040m, nelle vicinanze di Sella Grubia, nostro traguardo di giornata.
Prendiamo posto nel bivacco inaspettatamente popolato e svuotiamo gli zaini. Abbiamo praticamente finito l’acqua, non basta neanche per la cena. Dò un’occhiata alla cartina e individuo una fonte segnalata direzione Ovest, alla fine del Foran dal Muss dove una ripida valle scende fino a Tamaroz in Val Raccolana. Mi incammino alla ricerca di acqua e finalmente dopo una buona mezz’ora individuo un rigagnolo di acqua superficiale dal quale attingo per un’altra mezz’ora tutta l’acqua necessaria per dissetare tutti gli ospiti del bivacco. Faccio ritorno al Marussich, nel frattempo altra gente è salita per trascorrere la notte, imbastiamo la cena, ridiamo e scherziamo con i nuovi conoscenti poi ci infiliamo sotto le coperte.
La sveglia del terzo giorno in questo posto fantastico è già un buon inizio di giornata, una splendida e radiosa giornata di sole. Con calma prepariamo gli zaini e riprendiamo il cammino verso il Monte Sart, l’ultima cima della traversata. Saliamo per comoda mulattiera dapprima sulla dorsale del Picco di Grubia poi attraversiamo interamente il versante Nord fino a raggiungere, dopo una breve discesa, l’erbosa Forca di Terra Rossa il cui toponimo non è casuale infatti in zona sono presenti caratteristici sfasciumi color rossastro. Da questo punto risaliamo la dorsale del maestoso Monte Sart caratterizzato da una verticale e imponente parete Nord e da un bellissimo pendio prativo a Sud. Raggiunta la cresta il sentiero corre quasi sempre sul filo con alcuni passaggi aerei e esposti ma non particolarmente impegnativi. Raggiungiamo l’antecima solo di pochi metri più bassa di quella principale e percorriamo la lunga cresta pressochè orizzontale fino in vetta al Monte Sart, 2324m. Il panorama è mozzafiato, la vista spazia quasi a trecentosessanta gradi e possiamo ammirare quasi integralmente tutta la bellezza della traversata.
Sarebbe bello poter scivolare velocemente a valle con un paio di sci…ma l’erba alta al posto della neve rende disagevole la discesa di questo tratto caratterizzato da prato ripido e brevi risalti rocciosi che vanno aggirati un po’ a destra un po’ a sinistra mantenendo sempre la direttrice della verticale dalla cima e seguendo, ove possibile, gli sbiaditi triangoli rossi dell’alta via. Perdiamo circa 400m di quota e finalmente intercettiamo il sentiero Cai n. 632 che sale da Stolvizza. Prendiamo a destra e perdiamo ulteriormente quota abbassandoci su bellissimi prati fioriti sospesi sopra la Val Resia. Ora un lungo traverso quasi in costa ci permette di oltrepassare tutto il fianco meridionale della Cresta Indrinizza fino a raggiungere Sella Buia, 1655m.
Da qui in breve raggiungiamo il ricovero Igor Crasso, bellissimo edificio incustodito ma aperto di proprietà della sezione XXX Ottobre del Cai di Trieste. Anche qui siamo soli e approfittiamo per distenderci al sole e riposare un po’ prima di affrontare la lunga discesa.
Si sta divinamente, il posto è stupendo e il panorama non manca, fatichiamo a riprendere il cammino ma stiamo già sognando il brindisi giù in paese quindi ci mettiamo in marcia.
La discesa è molto lunga infatti scendiamo di circa 1100m di dislivello su comodo sentiero che, nella prima parte scende ad ampi tornanti su terreno aperto o poco boscoso passando poi in splendidi boschi di faggi, ampie radure come quella degli Stavoli Lom e Lomyc per terminare un bel bosco di pino nero e infine una comoda strada fino alle case di Ladina e quindi Stolvizza. Sperando di trovare un passaggio per ritornare a Coritis a riprender l’auto ci incamminiamo in strada. Neanche farlo a posta non passa nessuna auto, dico a Silvia di prendersela con calma e parto di corsa. Sembrava più vicino in auto ma a piedi è certamente altra cosa, sono circa 5km che mettono a dura prova le gambe, poco sotto Crittis passano un paio di auto ma per orgoglio abbasso la testa e vado avanti, un paio di tornanti e finalmente arrivo all’auto. Salgo veloce, sulla strada recupero Silvia e in breve ci accomodiamo con le gambe sotto al tavolo in una ruspante locanda di Stolvizza a mangiare e brindare sulla bellissima traversata appena compiuta.
L’Alta Via Resiana è davvero stupenda e merita essere percorsa, a mio avviso è probabilmente il più bel giro ad anello del Friuli (e non solo direi) con delle caratteristiche in grado di soddisfare un ampio spettro di escursionisti. Va affrontato con adeguata preparazione e con tempo stabile valutando anche le eventuali possibile vie di fuga in caso di imprevisti. Sulla traversata sono presenti solo alcuni tratti attrezzati quali: la ferrata Grasselli, un breve tratto tra il Canin e il Picco di Carnizza e circa 50m poco sotto la cima del Monte Slebe. Sul resto del percorso non sono presenti punti di ancoraggio e alcuni tratti sono particolarmente esposti. Consiglio di affrontare questi tratti con cautela, adeguata preparazione e padronanza della propria capacità di muoversi su questo tipo di terreno. Eventualmente potrebbe essere utile uno spezzone di corda da usare per assicurare qualcuno magari un po’ in difficoltà ma bisogna essere a conoscenza delle basilari manovre di corda e tecniche di assicurazione. Se affrontato a inizio stagione estiva alcuni tratti possono risultare ancora ricoperti di neve o ghiaccio quindi eventualmente valutare la necessità di portare picozza e ramponi. Per quanto riguarda l’attrezzatura consiglio un paio di pedule robuste, caschetto, imbrago, kit da ferrata, giacca gore-tex, piumino leggero, un paio di guanti leggeri, abbigliamento tecnico e un cambio. Noi ci siamo portati dietro il fornelletto, viveri e acqua a sufficienza. Non serve il sacco a pelo in quanto i due bivacchi sono dotati di coperte. Reperire acqua sul percorso è molto difficile, noi abbiamo fatto in autonomia fino al bivacco Marussich poi ho dovuto cercare acqua che fortunatamente ho trovato. Segnalo un pozzo lontano poche centinaia di metri dal bivacco direzione Ovest, probabilmente trovato da qualche speleo ma molto più vicino e comodo rispetto alla fonte a cui ho attinto acqua io. L’ingresso del pozzo si individua facilmente in quanto sono presenti dei vecchi paletti in alluminio, cordino, catena e recipiente da calare nella cavità per recuperare l’acqua.
Per concludere Vi consiglio di andare a farla perchè merita davvero, noi ci siamo proprio divertiti!
Alcuni Dati
Giorno 1: Coritis – Malga Coot – Monte Guarda – Bivacco Costantini, dislivello in salita 1186m, dilvivello in discesa 145m, tempo medio di percorrenza 3,30h
Giorno 2: Bivacco Costantini – Forcella Infrababa Grande – Monte Slebe – Monte Lasca Plagna – Monte Crni Vogu – Porton Sotto Canin – Canin Basso – Monte Canin – Picco di Carnizza – Bivacco Marussich ì,dislivello in salita 1292m, dislivello in discesa 932m, tempo medio di percorrenza 7,30h
Giorno 3: Bivacco Marussich – Forca di Terra Rossa – Monte Sart – Sella Buia – Stolvizza, dislivello in salita 339m, dislivello in discesa 1811m,tempo medio di percorrenza 5,30h
D+ totale 2817m
D – totale 2888m
Mappe:
Carta Tabacco 1:25.000 Foglio n.027 – Canin -Val Resia – Parco Naturale Prealpi Giulie